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Riti e Processioni - Ottavario dei defunti

   Nell'ottava della Commemorazione dei Defunti, l'Arciconfraternita del SS. Crocifisso e Monte dei Morti si riunisce per celebrare una S. Messa in suffragio di tutti i Confratelli defunti.

   Dopo la S. Messa è tradizione distribuire ai presenti una pagnotta di "pane scuro", predisposto in canestri ricoperti di un panno di canapa bianco, e tra i vari pani sono sparsi ramoscelli di verde rosmarino, che emanano, impregnandone il pane, quell'aromatico profumo simile all'incenso.

   Si tratta di una antica usanza contemplata già nell’antico statuto della Congregazione del Monte dei Morti del 1632 laddove al cap. II si prevedeva: "il primo giorno dopo la commemorazione dei defunti si celebri un funerale per tutti i fratelli del Monte defunti, con apparato proporzionato e con intervento di tutti quei fratelli che potranno, applicando le loro orazioni e indulgenze, da impetrarsi in quei giorni o nel medesimo giorno dei morti, all'anime dei fratelli defunti; e gli officiali dispenseranno ai poveri vergognosi o mendicanti quelle elemosine che stabiliranno, avvertendo di farlo con esempio ed edificazione del prossimo".

   Nel tempo, l'usanza di distribuire elemosine si è progressivamente trasformata fino all'attuale distribuzione del pane scuro e del rosmarino sui cui significati simbolici molti si sono interrogati. E se è facilmente comprensibile il significato del pane, per la simbologia diffusa che esso ha nella liturgia cristiana, a molti sfugge il significato del rosmarino.

   Nella Roma antica ed anche ad Atene il rosmarino come simbolo era considerato l'emblema dell'immortalità e della felicità; nelle cerimonie religiose veniva usato al posto dell'incenso. E sempre come simbolo d'immortalità era usato, al pari del cipresso, come pianta funeraria. Nel giorno dei Morti, ancora oggi, i bambini di Salaparuta, colgono rami di cipresso e rosmarino e cantando li portano a casa. E c’è anche un proverbio siciliano che dice: “c’è tanta erba negli orti e c’è il rosmarino per i Morti”.

   Ecco quindi chiarito il significato dei ramoscelli di rosmarino offerto con il pane scuro dai confratelli del SS. Crocifisso, nell’ottava della Commemorazione dei defunti. L’unione nella preghiera ricorda il Pane vivo disceso dal cielo e l’immortalità del nostro essere.

   Il rosmarino (rosmarinus officinalis) è un arbusto che cresce allo stato spontaneo nei luoghi del Sud e nelle località soleggiate. E’ una pianta cespugliosa fin dalla base con fiori azzurrini raccolti a spiga. E’ un’erba aromatica dal profumo molto intenso. I Greci lo chiamavano anqos, il fiore per eccellenza e i Romani antichi rosmarinus. L’etimologia è molto bella; viene da ros (rugiada) e maris (mare): rugiada del mare o balsamo del mare.

   Come pianta terapeutica è importantissimo. Nel Rinascimento era considerato una panacea universale. Il popolo credeva addirittura che introducendo il rosmarino sotto le porte si impediva ai serpi di entrare in casa. Oppure lo si metteva tra le fasce dei bambini o si asciugavano i pannicelli sui suoi cespugli.

   Il rosmarino è anche simbolo di felicità. Si consigliava di seccare un certo numero di fiori, di ridurli in polvere e di applicarli al braccio destro, questo rimedio manterrebbe l’uomo allegro e giocondo.

   In Spagna il nome del rosmarino è romero, ed è una pianta che ha ispirato molte leggende ed usanze ancora vive, specialmente in Andalusia. E’ una pianta contro il malocchio e, sempre in Spagna, c’è una frase che dice: “chi vede il rosmarino e non lo prende, se poi gli viene qualche male non si lamenti”.

   Alcune preparazioni fatte con il rosmarino sono celebri nella farmacopea europea. Molto nota è l’acqua della Regina d’Ungheria moglie di Carlo I. E’ noto l’attestato scritto dalla stessa Regina: “Io donna Isabella di anni 72, inferma nelle membra e affetta da gotta, ho adoperato per un anno intero tale ricetta che produsse su di me un effetto così salutare che sono guarita ed ho riacquistato le forze”. La ricetta dell’acqua della Regina d’Ungheria è riportata nel libro di Giuseppe de Vito Franceschi, edito da SugarCo.

Testo a cura di
Emilio Galletta

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