Venerdì 7 marzo avrà luogo la cerimonia per l’esposizione del 1° Mistero della Passione di Nostro Signore. Alle ore 18:00 celebrerà la Santa Messa S. Ecc.za Rev.ma Mons. Giacomo Cirulli, vescovo delle Diocesi di Teano-Calvi, di Alife-Caiazzo e di Sessa Aurunca. Seguirà la Benedizione Eucaristica e l’adorazione, durante la quale ascolteremo il canto del Miserere, eseguito dai trii dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso.

Il Primo Mistero doloroso: l’agonia di Gesù nell’orto degli Ulivi
Il Getsemani è il luogo della solitudine più profonda, dove l’umanità di Cristo si manifesta nella sua fragilità e nella sua grandezza. È la notte del tormento interiore, del silenzio di Dio, della scelta suprema tra la fuga e l’obbedienza.
Il teologo Hans Urs von Balthasar scrive:
“Nell’agonia di Gesù si raccoglie il terrore dell’umanità, tutto il peso del peccato e dell’abbandono. Ma è proprio qui che l’amore raggiunge la sua più alta espressione”.
Gesù si fa carico della sofferenza del mondo e, nella sua angoscia, non trova conforto nemmeno nei suoi discepoli, che dormono invece di vegliare con Lui.
Anche Blaise Pascal riflette su questo mistero:
“Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo: non bisogna dormire durante questo tempo”.
Il suo dolore non è confinato a quella notte, ma continua in ogni sofferenza umana. Ogni volta che l’uomo lotta nel buio della prova, Cristo è con lui, presente nel dolore e nella speranza.
Il poeta e mistico Charles Péguy descrive così la preghiera di Gesù:
“Mio Padre, se è possibile, allontana da me questo calice… Questo calice dell’abbandono, questo calice del peccato. Ma se lo vuoi, lo berrò. E così fu fatta la volontà di Dio”.
Il dramma del Getsemani non sta solo nel dolore, ma nella decisione di Gesù di abbracciare la croce con amore, trasformando la sofferenza in redenzione.
Questo mistero ci interroga: come affrontiamo il nostro Getsemani? Cerchiamo di sfuggire alle prove, o impariamo ad affidarle a Dio? In un mondo che rifugge il dolore, Cristo ci insegna che solo accogliendolo con amore possiamo trasformarlo in grazia.
