14 marzo: esposizione del 2° Mistero

14 marzo: esposizione del 2° Mistero 1536 2048 Arciconfraternita del SS. Crocifisso

Venerdì 14 marzo parteciperemo alla cerimonia per l’esposizione del 2° Mistero della Passione di Nostro Signore. La Santa Messa delle ore 18:00 sarà celebrata da Don Angelo Salerno, vicario episcopale per le Celebrazioni Liturgiche, la Celebrazione dei Sacramenti e la Pietà popolare. Al termine della celebrazione, avrà luogo la Benedizione Eucaristica e l’adorazione, durante la quale ascolteremo il canto del Miserere, eseguito dai trii dell’Arciconfraternita del SS. Crocifisso.

Il Secondo Mistero doloroso: la flagellazione di Gesù

La flagellazione è il supplizio della carne, il momento in cui il corpo di Cristo viene straziato dalla crudeltà umana. È una scena di violenza ingiusta e gratuita, dove l’Innocente soffre senza difendersi.

Dostoevskij, in Delitto e castigo, scrive:

“La sofferenza è una grande cosa. Solo la sofferenza acuta, solo il dolore che lacera fino in fondo, porta alla piena coscienza”.

La flagellazione di Gesù non è solo un atto di tortura fisica, ma un’esperienza che manifesta la condizione dell’uomo schiacciato dal male. Eppure, Cristo non si ribella: accoglie il dolore per amore, trasformandolo in redenzione.

Isaac di Ninive, mistico siriaco, dice:

“Il dolore che sopporti per amore è il tuo tesoro nascosto”.

Gesù, nell’umiliazione della flagellazione, ci insegna che l’amore autentico passa attraverso il sacrificio. Ogni colpo ricevuto è un atto di donazione: non risponde con odio, ma con un silenzio che redime.

Anche san Tommaso Moro, prima di affrontare il martirio, scrive:

“Chiunque vuole regnare con Cristo deve soffrire con Cristo”.

Questo mistero doloroso ci pone di fronte a una domanda scomoda: come reagiamo di fronte all’ingiustizia? Fuggiamo, ci ribelliamo, oppure troviamo in Cristo la forza di amare anche nel dolore?

Guardando il Cristo flagellato, vediamo il volto di chi oggi soffre: gli oppressi, gli umiliati, i rifiutati. Gesù si fa solidale con loro, portando nel suo corpo le ferite del mondo.